E’ Pasqua e, anche se fa freddo e
piove, la cucina profuma di primavera, perché in forno stanno cuocendo le
pastiere. E, poiché con la pastiera
napoletana ho un rapporto antico e speciale, per questo secondo atto di guerra
amichevole contro le ricette, faremo attendere i nostri eroi nel sotterraneo di
Parigi, dove li abbiamo lasciati la volta scorsa, e ci spostiamo nella cucina
di casa.
La pastiera di Roberta è
speciale. E’ arrivata a metterla a punto in anni di piccoli e grandi
perfezionamenti. Alla fine Fulvio la proclamò la migliore fra tutte quelle che
aveva assaggiato mai. Se le chiedi la ricetta, non ha nessun problema a scriverla.
Ma, anche se rispetti dosi e tempi, difficilmente otterrai lo stesso risultato.
Fulvio (che di cucina ne capisce…) non le aveva chiesto la ricetta. Le sue
domande erano ben diverse: “Che burro usi?” “Dove hai preso il grano e l’acqua
di fiori d’arancio?” “E i canditi?”. Non
era un mistero: senza il burro di quel caseificio di montagna, la frolla era
terribilmente diversa. Il grano, lo si andava a comprare a Salerno. La frutta
candita, intera, a Napoli. Quanto all’acqua di fiori d’arancio, dopo mesi e mesi
di ricerche infruttuose, come fornitore unico fu scelto un oscuro negozietto
della città vecchia a Grasse. Una volta, per questioni di forza maggiore, fu
costretta ad usare i flaconcini del supermercato, ma il risultato fu un dolce
dal profumo sintetico, che tutti definimmo “ di plastica”, e finì nella
spazzatura.
Questa, ovviamente, è solo la
punta dell’iceberg. Perché mentre la pastiera cuoce, Roberta non lascia per un
istante la cucina. Occhi puntati sul forno, apre lo sportello, gira le teglie,
alza ed abbassa il termostato.
Piuttosto che seguire una
procedura, controlla dal vivo il processo. Che è l’unica cosa da farsi,
considerata l’estrema variabilità delle geometrie, dell’umidità dell’aria, dei
flussi della ventola e delle temperature all’interno della camera di cottura.
Ne val la pena? – si sente
chiedere spesso. Se volete un risultato speciale, la risposta è una sola: “E’ indispensabile!
Viste le premesse, ora potete
capire meglio la storia che sto per raccontarvi.
Qualche anno fa, mi ritrovai
nella commissione d’esame finale di una prestigiosa scuola di cucina. I
candidati erano pasticceri e dovevano preparare due dolci: uno a loro scelta, l’altro
estratto a sorte dalla commissione. La commissione estrasse la pastiera.
Passai un’ora buona di assaggi
raccapriccianti. Gli allievi sfilavano davanti ai commissari uno ad uno. Al primo
feci notare che non si sentiva il profumo di fiori d’arancio. Quello rispose
che aveva messo la dose esatta della ricetta. Al che sbottai: “Ma secondo te,
per quale motivo si mette l’acqua di fiori d’arancio nella pastiera?? La pastiera
è il dolce di Pasqua, deve profumare di primavera. Le varie acque di fiori d’arancio
hanno intensità diverse: se il profumo non si sente, ne devi mettere di più,
non ti pare?”. Un altro portò una torta cotta fuori e cruda dentro. “Ho
rispettato i tempi e le temperature della ricetta”. “Ah sì? – gli dico – “Perché,
la ricetta ti dava anche materiale forma e spessore della teglia? Ti diceva la
posizione della ventola? Non vedi che la teglia che hai usato non è da
pastiera? Dovevi tenere il forno più basso e comunque, se vedi che l’esterno è
cotto e l’interno non lo è, basta portare il termostato poco sotto i 140 gradi
per completare la cottura interna bloccando le reazioni di Maillard in
superficie”.
Ma le teglie, quel giorno, erano
tutte sbagliate.
Uno studente portò una pastiera
che, per colpa di una teglia troppo alta, era tutto ripieno e niente pasta. Un
altro, che ebbe l’accortezza di riempirla a metà, arrivò con una torta bruciata
su un lato. Improvvisai una minilezione
sull’importanza della forma dei contenitori per cottura. “Vi siete mai chiesti perché ci sono teglie
alte e teglie basse? Se l’altezza delle pareti non fosse importante, le faremmo
tutte alte per risparmiare, non vi pare? Non lo vedete che se la teglia non è
piena fino la parete eccedente scherma l’aria della ventola e la riflette? Così
vi trovate una parte cruda ed una bruciata… “. I forni ventilati sono tremendi,
perché il flusso dell’aria è disomogeneo. Per questo Roberta ruota la teglia
durante la cottura, quando non ne ha a disposizione uno a piatto rotante. “ Non
avete mai visto i ‘ruoti’ da pastiera in alluminio, che si vendono in Campania?
Studiatevi la loro geometria, perché è il frutto dell’esperienza di secoli. Se
sono fatti a tronco di cono, una ragione ci sarà…”.
La ragione, ovviamente c’è. Più d’una,
in realtà. La pastiera è un dolce difficile. Una pasta secca che deve contenere
un ripieno molto umido. In queste condizioni, la cottura non è banale: bisogna
far evaporare una parte dell’acqua del ripieno, senza impedire l’essiccazione
della frolla. La geometria tronco-conica permette una maggiore superficie di
contatto tra il ripieno e l’aria e consente di utilizzare una maggior quantità
di pasta sui bordi.
Alla fine, i mei voti raggiunsero
un picco di 6/10. Il resto , insufficienze.
Non fui mai più convocato in
commissione.
Non me ne duole. Gli allievi
continueranno a seguire le loro ricette e mai nessuno riuscirà a fare una
pastiera come quella che fra poco assaggerò…
Per cucinare bene, non esistono
riti e formule magiche. Servono anni di studio e lavoro.
Ho letto ed imparato, avrei pero', umilmente, un suggerimento da dare: il NEROLI al posto dell'acqua di fiori d'arancio. Che ne pensa?
RispondiEliminaEttore