giovedì 30 agosto 2012

Florian, l'artista del Breatl


Die Tiroler sind lustig,
die Tiroler sind froh;
sie verkaufen ihr Bettchen
und schlafen auf Stroh

Le parole della canzoncina, che cantavamo da bambini, da più di due secoli dipingono lo stereotipo del tirolese, sempre sorridente e pronto a far festa. Non so se un tempo tutti fossero davvero così. Di certo, ho conosciuto anche tirolesi tristi e depressi. Ma, se vedi Florian, pensi subito a quei versi e ti convinci che sono veri. Perché Florian sorride sempre.

Appuntamento alla malga, agli sgoccioli delle vacanze.

-        - Vieni all’ultimo, così ci sono pochi turisti e riusciamo a parlare.

Florian, con l’accento sulla o, alla tedesca, abita a pochi passi da me. Ma non lo vedo quasi mai, perché lavora in un’altra valle. Lavora in un panificio e, nel giorno di riposo, si diverte e arrotonda preparando il Breatl alla malga. Lo prepara all’antica, come si faceva quando lassù non sapevano cos’erano asfalto ed elettricità, ed è così buono che la gente sale e fa la fila per averne uno.

Lo trovo con le mani in pasta. Ha appena messo la ‘madre’ nella cassa di legno. Mi saluta e, ridendo, porge la mano ricoperta di acqua e farina di segale. E’ contento davvero, glielo leggi negli occhi. E’ contento di poter fare il lavoro che gli piace e che ha sempre sognato. E questa è felicità.

Siamo nel cortile della malga. A pochi metri di distanza, una turista in bikini si abbronza sulla sdraio, tenendo tra le mani “Cinquanta sfumature di grigio”. Mi metto a ridere anch’io. I gusti sono gusti, per carità. Ma, da quando mi è capitata tra le mani la parodia di Ottavio Cappellani, ogni volta che vedo un romanzo della James, non riesco a trattenermi.

La madre, fatta solo da acqua e farina di segale, è stata preparata pochi giorni prima. Florian versa acqua in abbondanza, poi ancora farina di segale e poca farina di grano. Aggiunge, solo ora, il sale. Poi le erbe: trigonella, coriandolo, finocchio. Mescola con una mano, saggia la consistenza e ordina al suo aiutante “Noch zwoamal!”. E’ dialetto, e significa che deve aggiungere altre due palettate di farina di segale. Continua a rimescolare, più che impastare, con le mani, finché la cremosità non lo soddisfa. La prova tracciando una X sulla superficie dell’impasto: il segno resta. Ok, ci siamo. Chiude la cassa e lascia che il lievito faccia il suo lavoro.

-       -   Florian, e le dosi? La temperatura? Il pH??
-       -   A occhio! Io fiuto, tocco, sento.

Penso ai trattati di panificazione, pieni di numeri grafici e tabelle. Ma, in fondo, il pane si faceva prima che Galileo inventasse il termometro e prima che nelle malghe arrivassero le bilance. Chiedergli di pesare sarebbe come chiedere a un pittore di miscelare i colori usando uno spettrometro. Florian impasta senza pesi e misure, così come io cammino senza risolvere le equazioni del moto delle mie gambe. Non per questo cado. Anziché calcolare il passo, lo correggo e lo aggiusto ad ogni istante per cercare l’equilibrio. Così fa Florian con la sua miscela. Anche questa è scienza. Prevedere tutto partendo dalle condizioni iniziali è illusione ottocentesca. Più moderno è l’algoritmo di computer, che itera una procedura finché la condizione finale desiderata non è soddisfatta.

Mentre il pane nero lievita, considero che ogni gesto, nel rito di Florian, ha una ragione. La procedura sembra agli antipodi della panificazione da manuale. Mi cade il mito delle madri rinfrescate e conservate per anni e anni. –Se la tieni troppo prende aromi cattivi.- E poi è senza sale. L’impasto è debole, il glutine si forma in misura minima. Prima di tutto perché la farina di segale contiene poche proteine adeguate alla sua formazione, tanto che, per tenere insieme il tutto, bisogna comunque aggiungere una piccola percentuale di farina di grano. E, poi, perché la lavorazione della massa è breve e senza forti pressioni. Tutto ha una ragione. Con buona pace del mio amico Hervé, la tradizione non nasce da sogni e miti, ma dalla sperimentazione quotidiana.

Per capire il Breatl bisogna considerare che, un tempo, nelle malghe lo si preparava solo due volte l’anno. Le pagnotte, larghe e piatte, si indurivano e venivano conservate per mesi nelle rastrelliere di legno. Per mangiarle morbide, se lo si desiderava, bastava poi bagnarle per un po’. La segale era dettata dalla necessità. Un tempo, da queste parti, faceva molto più freddo di adesso e, ad alta quota, il grano non cresceva. La segale, più resistente, sì. Ora, se il pane si fa ogni sei mesi, coltivare la madre non ha senso. E, se la madre è fresca, il sale non serve, perché i fermenti troppo acidificanti, che si formano in assenza di sale, non hanno il tempo di svilupparsi.

La segale è povera di glutine, inutile stare ad impastarla a lungo. Ma è ricca di pentosani. I pentosani sono polisaccaridi formati da pentosi, cioè zuccheri semplici con cinque atomi di carbonio (principalmente xilosio e arabinosio). Sono polimeri fantastici in cucina, perché hanno una  grande capacità di trattenere l’acqua. Non a caso, il pane di segale resta morbido per giorni e giorni, mentre il pane di grano tende a diventare rapidamente raffermo.

La lievitazione dura poco più d’un’ora. Florian apre la cassa di legno, sparge la farina sulla tavola e comincia a formare le pagnotte che, disposte su una tovaglia, e ben infarinate, completano il processo per qualche decina di minuti ancora. Poi apre il forno. Un fuoco vivo, di legna, brilla tra le pietre. Il tempo di infornare tutto e siamo già alla cottura. Dopo una mezz’oretta arriva il profumo meraviglioso di cui vi hogià raccontato… La trigonella, mi spiega, è l’ingrediente magico, che da quell’inconfondibile aroma erbaceo. Nelle ricette “ufficiali” è sostituita dal cumino, ma quella è roba per turisti, che non saprebbero come procurarsela. In realtà, non è poi così difficile: basta chiamarla con l’altro nome, fieno greco, ed andare in un negozietto di alimenti etnici, come quello indiano che ho a due passi da casa e dove passo ore… Ma preferisco sorvolare su questo punto: è molto più interessante ascoltarlo che non fargli le pulci!

Il momento della sfornatura è una festa. Tutta la gente sparsa in giro accorre, come obbedendo a un silenzioso richiamo. Il Breatl è scuro e vivo, porta il marchio del fuoco. Il profumo inebriante. La crosta croccantissima. A dire il vero, non sarebbe ancora pronto: gli necessita una notte di riposo per completare la cottura e stabilizzarsi. Florian cerca di spiegarlo ad un turista, che si è avventato su una pagnotta ancora rovente ei lamenta che l’interno è crudo. In realtà non è crudo, è cremoso. Il gel di amidi, che costituisce la struttura prevalente della mollica, è ancora abbastanza fluido. Ci vuole tempo perché diventi morbido e spugnoso. In realtà a me, e pure ad Erich, piace tantissimo anche così: se gli spalmi sopra il burro, quello si scioglie e tutto diventa un’unica, impareggiabile, crema…

Riempio lo zaino di pagnotte calde. Provo a portarmi a casa un po’ di profumo dell’estate. I prati ormai si stanno coprendo di colchici. Mentre scendo, penso a Florian che resta lassù fino a sera. Domani lui sarà ancora felice fra i monti, ed io in viaggio verso casa. Mi viene in mente una favola popolare, riportata da Italo Calvino. Si chiama “La camicia dell’uomo contento”. Racconta di un re, che cerca la camicia di un uomo veramente contento per farla indossare al figlio e guarirlo dalla tristezza. Dopo vane ricerche trova finalmente un uomo contento: è un contadino che lavora cantando. Ma il contadino non ha camicia...

Ciao Florian. Ciao Erich.

Ciao montagne.

Ci rivediamo per un Törggelen, nella stagione delle castagne.



















14 commenti:


  1. nivadi

    anche dove vivevo da bambino (1500mslm)c'era solo la segale e facevano il pane ogni qualche mese. Probabilmente quella varietà di segale è andata perduta, ora fanno solo foraggio.

    con la storia della stagionatura di una notte mi hai dato un'idea. da tempo faccio il pane con la tecnica "no knead bread", viene perfetto, ma un po' umido; si usa più acqua del normale. Avevo già allungato il tempo di riposo, ma non ero ancora arrivato ad una notte.

    se ti interessa invio i dettagli. Ho fatto il pane in tanti modi, due corsi ... ma questo è il mio preferito. E si sporca pochissimo in cucina.

    pubblico come anonimo, non mi è venuto come usare email e nome, quale profilo devo scegliere?

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    1. Caro "anonimo", mi interessa molto! Se mi mandi i dettagli possiamo provare a studiarlo in laboratorio. E interesserà molto anche a Giulia, la mia laureanda che sta facendo la sua tesi proprio sulla gelatinizzazione degli amidi.
      Per inserire il tuo nome, credo che il metodo più semplice sia selezionare None/URL.
      Ti ringrazio e resto in attesa.

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  2. nivadi


    premessa: il primo accenno l'ho trovato su
    http://blog.khymos.org/

    keyword "no knead bread"

    ci sono molti video, il mio lo ho trovato su you tube google e leggermente modificato

    "no knead bread" best

    ecco la mia procedura:

    in una scodella di porcellana (perché facile da pulire) metto nell'ordine:

    390g farina
    1/2 bustina lievito di birra liofilizzato
    sale poco (a me piace così)
    300g acqua

    mescolo con una spatola
    copro e aspetto circa 16h, il tempo dipende dalla temperatura ambiente, se ho fretta metto vicino alla stufa

    un paio d'ore prima di instufare rimescolo ( per sicurezza talvolta aggiungo un po' di zucchero. Quando è rilievitato procedo.

    metto una teglia (ne uso una antiaderente) in forno e preriscaldo a 230°C.
    trasferisco la pasta nella teglia calda, copro e metto in forno 30' a 230°C
    tolgo la copertura e lascio in forno alla stessa temperatura per altri 20'

    tolgo dal forno e lascio riposare qualche ora. E' pronto! La teglia resta perfettamente pulita.

    la quantità do acqua è un po' variabile in funzione della farina. Ho provato 00, 00+ integrale, semola rimacinata di grano duro in varie proporzioni, sempre perfetto!
    Il pane viene soffice ma tenace, non si sbriciola ed è l'ideale per la "scarpetta", Ho fatto il pane in tanti modi, pasta madre, lievito, forno a legna, macchinetta ecc., questo è ora il mio preferito.

    Vantaggi: a parte la qualità si sporca solo la ciotola che si lava facilmente con un po' d'acqua, non si impasta.
    Svantaggi: bisogna pensarci il giorno prima, o diverse ore prima se si fa lievitare un po' a caldo.

    Il tempo (con un po' di acqua in eccesso) sostituisce il lavoro meccanico nel disaggrovigliare il glutine.

    PS Nome/URL non mi viene accettato, per cui sempre anonimo (nivadi)




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  3. nivadi

    mi tenete al corrente degli esperimenti?

    PS a quanto pare, escluso anonimo, le altre opzioni richiedono un sito www, sbaglio?

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    1. Caro Nivadi (è questo il tuo nome?),
      ti teniamo senz'altro al corrente. La questione è molto interessante, perché la tua ricetta prevede una percentuale d'acqua molto più alta rispetto a quelle più diffuse di pane non impastato. Diciamo che tu metti mediamente il 50% di acqua in più rispetto alla norma. L'aspetto ancora più interessante è che la tua percentuale d'acqua è più o meno quella utilizzata da Florian per il suo Breatl! Se vuoi, ti propongo un esperimento. Prova a lasciar riposare il tuo pane molto più a lungo, misurandone, di tanto in tanto, il peso e la temperatura al cuore.
      Per risolvere il problema dei tempi lunghi di preparazione, se non l'hai mai provato, ti suggerisco il metodo Hertzberg-François (lo trovi in rete, oppure sul loro libro "Artisan Bread in Five Minutes a Day"). In ogni caso, se aumenti la dose di lievito, il tempo di lievitazione si riduce.

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  4. nivadi

    Nivadi è il nome della cascina che ho comprato e dove faccio finta di fare il contadino. Lo uso come nick. Io mi chiamo Antonio.

    Da quel che ho letto, l'acqua in eccesso ed il tempo servirebbero come sostituti della lavorazione meccanica per disaggrovigliare le molecole di glutine.

    Devo misurare la temperatura nel pane o nell'impasto?

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    1. Ciao Antonio,
      sono contento di chiamarti finalmente per nome!
      Sarei anche curioso di sapere cosa significa "faccio finta di fare il contadino"...
      In ogni caso: la temperatura da misurare è quella dell'interno del pane già cotto durante la fase di raffreddamento e riposo.
      Ho letto anch'io qualche teoria sul fatto che, con il tempo, le molecole di gliadina e glutenina si unirebbero formando il glutine anche in assenza di azione meccanica. Finora però non ho ancora sperimentato di persona e, sai, come ho dichiarato all'inizio di questo blog, "Io son come Tommaso...".
      In realtà, come ti scrivevo, ci sono, in rete e sui libri, ricette in cui il tempo e la quantità d'acqua sono molto inferiori a quelli che utilizzi tu. In questi casi, dunque, la teoria di cui sopra non si applicherebbe.
      Ti prometto che farò qualche esperimento di persona, e poi ti racconto.

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  5. nivadi

    "faccio finta di fare il contadino" significa che mi piace fare tutti i lavori relativi, senza i ritmi massacranti, perché non lo devo fare per vivere

    Ho comprato una cascina nella Langa Astigiana 20 anni fa e tengo l'orto, un metodo preso da un libro di Gertrud Franck (orticoltura bio, non tradotto in italiano) e poi adattato alla mia realtà. Ormai non compro da anni verdure e frutta.
    Ho alberi da frutta.
    Una vigna (però la cura un amico che fa anche il vino da tavola), io faccio i vini da dessert (moscato e fragolino passiti) e liquori vari.

    Faccio varie conserve, mi piace cucinare per gli amici e vedere che sono soddisfatti.
    Faccio esperimenti sia in cucina che fuori. Quest'anno ad es. ho provato ad innestare l'olivo su frassino, sembra attecchire, vediamo il prossimo anno.

    Tornando al pane, considerando che lievita bene, ed è molto tenace (si sbriciola molto poco, l'ideale per tirar su i sughi) probabilmente il glutine fa bene il suo lavoro.
    L'opposto del pane fatto con le macchinette, che sì lievita, ma si sbriciola moltissimo.

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  6. nivadi

    ho guardato velocemente un video di Hertzberg-François. In realtà, mi sembra, 5 minuti è il tempo "manuale", poi ci sono i tempi di attesa per le lievitazioni, 3,5 ore. Poi aggiungono glutine all'impasto. Ma dove lo trovo il glutine da noi?
    Comunque approfondirò

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  7. nivadi

    ho riguardato in google e youtube

    sostanzialmente non differisce dal mio metodo, anch'io una volta ho hatto il pane in giornata. Però ci ho trovato diverse idee, tra cui quella di conservare l'impasto in frigorifero anche 2 settimane. Mi piacciono tutte le idee che semplificano la vita e assicurano qualità.

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    1. La ricetta base di Hertzberg e François, descritta nel loro libro, prevede una quantità d'acqua simile a quella di un impasto tradizionale ed una lievitazione di due ore.

      Ne riporto l'inizio qui sotto:

      "3 cups lukewarm water
      1/2 tablespoons granulated yeast
      1/2 tablespoons kosher or other coarse salt
      6 1/2 cups unsifted, unbleached, all-purpose white flour

      Warm the water slightly: It should feel just a little warmer than body temperature, about l00°F. Warm water will rise the dough to the right point for storage in about 2 hours. You can use cold tap water and get an identical final result; then the first rising will take 3 or even 4 hours."

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  8. bellissimo reportage. su tutto un altro versante, sulla vita in malga prima dell'arrivo delle turiste con le loro sfumature, suggerisco la lettura di "gli eredi della solitudine".

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  9. nivadi

    sto andando avanti con gli esperimenti.

    ho provato a fare il pane con l'impasto conservato in frigorifero una settimana come suggerito da Hertzberg. Ho riaggiunto un po' di zucchero per essere sicuro che rilievitasse. E' venuto bene.

    Acqua, le dosi che uso io le suggerisce anche Hertzberg in un suo video si youtube
    Perdita in peso: una pagnotta di 550g pittosto piatta, ha perso in 12h 20 g; alla prima pesata era ancora calda
    non ho un termometro per misurare la temperatura all'interno nel tempo

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  10. nivadi

    riprovato con l'impasto tenuto in frigorifero 2 settimane: OK
    anche se c'è stata una leggera sineresi

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