La
casa sulla Rambla, come nove anni fa. Le bandiere nelle strade, però, sono cambiate
e i miei amici portano un nastro giallo sul petto. Gaspar e Fernando non ci
sono più. Ma sono arrivati Axel e Marta. Nella Boqueria sono spuntati i succhi
vitaminici e il cibo bio. Sui marciapiedi sfrecciano i monopattini
elettrici.
La
mattina Pere mi aspetta in macchina in Plaça de Catalunya e andiamo insieme al
campus di Torribera. Due settimane di lezioni e un libro da finire: dobbiamo
farlo per Fernando, che era il terzo autore. Sfioriamo la Sagrada Familia e la
Monumental, poi la torre Agbar. Dentro le mura colorate, grazie al cielo e al
Parlament, i tori non muoiono più.
Quando
scende il buio e i negozi chiudono, in Carrer de la Porta Ferrissa sbocciano
gli spacciatori. Nell'appartamento al numero 7, dove il Taller guidava la rivoluzione,
ora ci vive Ferran. Raimundo ha lasciato la gastronomia e fa il primario a
tempo pieno; per continuare a vivere doveva smettere di mangiare. Quico si è
rialzato e ha ricostruito una fabbrica più grande. E poi un'altra più grande
ancora, in un vecchio stabilimento tessile, non lontano da Alicia. Ora vuole
metterci anche una scuola di cucina, con la sua foresteria. I cuochi continuano
ad andare pazzi per la doppia pentola a pressione coreana. Nei ristoranti
buoni, l'avanguardia si è trasformata in tradizione. La molecolare adesso è
patrimonio comune. Non serve più a far spettacolo, ma per creare piatti sempre
più buoni. E tutto questo, per noi, è una cosa meravigliosa.
Il
primo decennio del duemila fu un periodo fantastico, irripetibile. Anni di
passione, di innovazione intensa e continua. Forse troppo concentrata - diciamo
con Pere – ma è così per tutte le rivoluzioni. Non hai il tempo per fermarti a
pensare, un impulso irrefrenabile ti spinge all'azione. Ed ora le nuove
generazioni si ritrovano una mole incredibile di materiale, da capire,
digerire, imparare e reinterpretare. Già, ma chi glielo insegna? Il nostro fu
un movimento di autodidatti. Sia i cuochi che gli scienziati non avevano avuto
maestri che li guidassero in quei terreni sconosciuti. Ma anche ora non
esistono insegnamenti ufficiali. L’accademia è lenta e recalcitrante di fronte
a qualunque forma di cambiamento. Il tempo passa. Bisogna darsi da fare, prima che
sia troppo tardi…
Una
decina d’anni fa tutto si era fermato. Prima la fine di Lo mejor de la gastronomia. Poi la tavola rotonda di Madrid Fusion. La crisi economica. E,
dulcis in fundo, la chiusura del Bulli. Era evidente che un’epoca si stava
chiudendo. Ma era pure chiaro a tutti che una pausa era necessaria. C’era
troppo materiale da elaborare, troppe cose da capire, lasciate indietro per la
fretta di andare avanti. Le nuove parole d’ordine diventavano ordinare e
classificare. Ferran, che è un pioniere, inizia con Bullipedia. E’ lì che
arriva Marta, che è una linguista computazionale. Si lancia con entusiasmo nel
nuovo, come avevamo fatto noi anni prima. -Andavamo dove c’era la passione – mi
ricorda Pere con nostalgia – e la passione allora non era più nei laboratori accademici,
tristi e soffocati dall'inferno burocratico. La passione era nelle cucine dei
grandi.
Non
scorderò mai quel settembre del 2004 a Murcia, dove ci siamo conosciuti. Il
battesimo ufficiale della cucina molecolare. Per andare avevo lasciato perdere,
senza rimpianti, uno dei soliti mesti congressi accademici, dove ero invitato a
parlare. Vuoi mettere inaugurare la scuola “¿Qué puede enseñar la ciencia a la cocina?” con una lezione su tutto quello che mi stava entusiasmando? Passai
l’estate a studiare lo spagnolo. Appena sceso dall'aereo capii che non avrei
potuto fare una scelta più giusta. Tutto intorno era elettrizzante. Il tassista
mi parlava di innovazione in cucina come da noi si parlava di calcio. E lì conobbi i grandi amici che avrebbero
accompagnato gli anni ruggenti. Pere, Ingrid, Andoni, Dani, Raimundo, Mariana,
Fernando…
Fernando.
Fernando che non c’è più. All'improvviso, un anno fa. Con quel nostro libro
ancora in sospeso. Fernando l’inventore della sferificazione inversa. Quasi
nessuno sa che anche quella partì proprio lì, in quei fantastici giorni di
Murcia.
Quel
libro che era diventato il nostro sogno e la nostra ossessione. Iniziato dieci
anni fa, quando anche noi, come tutti, eravamo presi dall'impulso di ordinare e
classificare. Raccontare la scienza che aveva guidato la rivoluzione della
cucina creativa. Non il solito libro che ti dà la spiegazione di ciò che
accade. Un libro che ti insegna come inventare ciò che ancora non esiste. Quante
volte abbiamo scritto e riscritto appunti, indici, capitoli. Ma le cose che
avevamo fatto in quegli anni, non riuscivamo mai a farle rientrare negli schemi
della scienza e dei libri che conoscevamo. Eravamo quasi scoraggiati. Fernando
però aveva capito il problema. Non ha senso – diceva – scrivere un libro che parla
di idee che stanno già negli altri libri. Ci è voluto tanto tempo per cogliere fino in
fondo il significato di quelle parole. Poi, l’autunno scorso, la nebbia all'improvviso
si dirada. Pere ed io ci guardiamo e tutto diventa chiaro. La gastronomia
scientifica è semplicemente una disciplina nuova. Che non è in contrasto con le
altre, ovviamente. Ma che ha fondamenti e concetti suoi propri, che non si
possono ridurre a quelli delle discipline già esistenti. E, soprattutto, ha un
fine ben definito: creare il “buono fa mangiare”. Il cammino comincia ad essere
in discesa. Il titolo si completa: “Soft matter transformation in culinary
processes. The scientific principles of gastronomic design”. E scrivere torna
ad essere un piacere.
Sono
di nuovo giorni di passione. Al pomeriggio si discute e si scrive. Al mattino
si spiega agli studenti e si lima e raffina la presentazione. L’impostazione
adesso è quella giusta. Ne siamo sicuri, perché ci ha portato con naturalezza a
scoprire strutture nuove. Adesso è tutto chiaro, compresa la transizione di
croccantezza nella frolla sperimentale.
La
domenica, sul filo dei ricordi, ci allunghiamo a Roses. Cala Montjoi è
irriconoscibile. Il Bulli non c’è più. Accanto ai suoi muri, ne costruiscono
altri. Il nuovo centro di ricerca di Ferran dovrebbe aprire nel 2020. Non sarà
più un ristorante. Il Bulli è storia. Quel che è stato è stato.
In
paese, in riva al mare, il Rom è una sorpresa e si torna a sognare. L’alta
cucina, quella che ti emoziona, torna a sorridere su quella costa fatale…
Si
sente nell'aria uno spirito che sembrava perso nel passato. In quei giorni
d’autunno era nata l’idea di riunire la vecchia guardia. È partita la chiamata.
Tutti o quasi hanno risposto all'appello. Ferran, Joan, Max, Victor, Carles,
Harold, Claudi, Hervé, Jorge, José, Puri…
Ai
primi di marzo ci si rivede a Barcellona.
Ricominciamo.
