Esco per fare quattro passi senz’impegno.
Sandali, pantaloncini e minizainetto made in China, tanto per tenere le tasche
vuote. La giornata è splendida. Incontro Erich che va verso i campi con l’aria
corrucciata.
-Che succede?
-Domani piove.
-Meglio no? Dicevi che i campi
hanno bisogno d’acqua…
-Sì, ma così oggi devo
raccogliere il fieno e non posso salire alla malga. Fanno il Breatl e il burro
fresco.
-L’ho sentito dire, ma è roba per
turisti, con le donne in costume che fanno finta di essere nel secolo scorso…
-Sì, ma il pane e il burro sono
buoni, la gente del paese va a comprarli. Pazienza. Buona passeggiata.
-Buon lavoro Erich.
Saluto con la mano e, girato l’angolo,
mi infilo nel bosco e prendo la scorciatoia ripida, quella che i turisti
ignorano o evitano.
In meno d’un’ora arrivo alla radura
dove sorge la malga, e davanti ai miei occhi si presenta un incedibile
spettacolo di varia umanità. Orde di villeggianti vestiti stile spedizione
himalayana, signore salite in auto con i tacchi a spillo e le borsette firmate,
gente del paese che, in un angolo, beve birra con in mano le borse della spesa.
Ciclisti della domenica che arrancano su costosissime mountain bike, con tute
da Arlecchino e in testa il casco aerodinamico, che, a quelle velocità, è
veramente essenziale. Penso un attimo
con nostalgia a quando, da ragazzini, scorrazzavamo su e giù per le colline con
le bici arrugginite di terza mano, in espadrillas e jeans, spesso con un pedale
rotto o una ruota storta. Poi mi si apre il cuore quando vedo una vecchietta
del posto salire lesta in Birkenstock e gonna nera lunga, superando con
nonchalance i variopinti ciclisti, stravolti e quasi in coma.
I tavoloni sono pieni di gente
che mangia e beve. Un’orchestrina in costume suona musica tirolese. Mi apparto
a prendere fiato appoggiato alla staccionata che dà sulla valle. Il cielo
azzurro ed i ghiacciai mi ritemprano i pensieri. Poi, come d’incanto, inizia a
circondarmi un profumo avvolgente e dimenticato. Riconosco il lievito naturale
e la trigonella… Nel forno di pietra, il Breatl, il pane contadino, ormai
ridotto pure lui ad attrazione turistica, ha raggiunto le temperature di
Maillard. Ma accidenti, questo è il Breatl vero! Non quello che producono in
serie i fornai della valle. Non quello che i malcapitati turisti si illudono di
riprodurre nelle macchine del pane, comprando le miscele già pronte al
supermercato. Ho deciso, resto. Almeno finché
non si sforna.
Mi guardo in giro con spirito diverso, e
scopro che, con la pala in mano e il Blauschurz sporco di farina c’è il miglior
fornaio della zona. Poi la mia attenzione cade sul centro della scena, che
paradossalmente sembra ignorato dalla massa. Accanto alla fontana antica
scavata in un tronco, le donne stanno facendo il burro. Arrivano i bidoncini di
panna, affiorata dal latte lasciato riposare tutta la notte. La versano nella
zangola. Agitano. Poi, si inizia a sentire un rumore diverso, di un oggetto
solido che si agita nell'acqua. La prima massa informe è pronta. La prendono a pezzi
con le mani, la impastano, la strizzano, la lavano sotto l’acqua corrente della
fontana. Ottengono tanti panetti dalla forma irregolare, che mettono a riposare
nell'acqua fredda della vasca. Poi, dall'altra vasca, estraggono gli stampi di
legno con il bassorilievo d’un fiore, vi pressano i panetti informi e ottengono
le forme estetiche che di nuovo mettono a galleggiare nella fontana.
E’ tutto un gioco d’acqua. Non ci avevo mai
pensato. La fontana è il centro della cerimonia e della tecnologia. L’acqua per
il burro dev'essere, ovviamente, molto fredda. Il termometro, che porto sempre
nello zainetto insieme ad altri armamentari che di solito tengo ben nascosti,
mi rivela 8 gradi. Niente male. Anzi, perfetto:
intorno ai 15 gradi il burro inizia ad ammorbidirsi, e prima dei 30 gradi comincia
a sciogliersi. L’acqua tiepida lo distruggerebbe. L’acqua fredda lo lava e lo
consolida. Mi si apre la mente a questa simbiosi profonda tra l’acqua ed il
burro. Il burro contiene acqua, sotto forma di minuscole goccioline al suo
interno, circondate da proteine emulsionanti, che le stabilizzano nella massa
grassa. La quantità è bassa, compresa
tra il 15 ed il 20 %, ma basta a farlo sfrigolare in padella, quando, raggiunti
i 100 gradi, le goccioline si trasformano in vapore e aumentano di volume di
oltre mille volte. La si può eliminare, producendo il burro chiarificato. Ma la
possiamo anche aggiungere, stemperando il burro con un cucchiaio e versandola
lentamente a freddo. Si ottengono così i tradizionali burrini da spalmare sui
crostini o sulle tartine. Con l’acqua salata si può fare il burrino salato. Se
non ci sono in giro emulsionanti, però, l’acqua e i grassi se ne stanno ben
alla larga. L’acqua della fontana scorre sui panetti, portandosi via tutte le
sostanze idrosolubili e lasciando all'esterno grasso puro. Allo stesso modo, l’acqua
di cui sono ben imbevuti gli stampini di legno, respinge quel grasso puro e
permette di staccare la forma a meraviglia. Confesso che ne sono affascinato. Quando
faccio il burro in casa io ricorro alla più prosaica pellicola trasparente
stesa sul fondo dello stampo. Bella
forza, e chi ce l’ha tutta quella bell'acqua fredda e pura nella cucina
domestica?
Anche quella sorta di acquetta
bianca in cui si sentiva sbattere il primo ammasso burrificato viene raccolta.
La versano nei bidoncini e la lasciano fermentare per fare il latticello, che
in tedesco si chiama Buttermilch, ovvero “latte del burro” ed è una bevanda dissetante
e dietetica. Alla malga la offrono pura o mescolata allo sciroppo di sambuco.
Ma è pure un ingrediente popolare nella cucina nordica e mitteleuropea.
Non resisto alla tentazione e,
discretamente, tiro fuori il telefonino per fare qualche foto. Mentre faccio di
tutto per passare inosservato, passo accanto a un vistoso signore vestito da
esploratore. E’ impegnato da mezz’ora a riprendere le dita del ragazzo con la
fisarmonica, maneggiando una telecamera più grande di lui. Chissà perché, mi
chiedo, gli operatori della Rai nel mio laboratorio hanno fatto servizi
stupendi con una banale fotocamera digitale. Il cineoperatore amatoriale,
girandosi senza guardare, urta una delle ragazze che stanno burrificando,
facendole cadere un panetto. Lei non dice nulla, ma lo fissa con uno sguardo
freddo e pungente, come l’acqua per il burro. Io mi avvicino e le chiedo di
comprare quei panetti. A me sorride… Pago e me li faccio tenere in fresco, nell’acqua,
fino al momento di ripartire.
Mi distrae un brusio crescente.
Il panettiere sta sfornando il Breatl. Mi scavo una via tra la folla e riesco a
fare la mia spesa. Ritiro anche il burro e mi lancio a gran velocità giù per il
sentiero ripido, prima di trovarmi travolto dalle orde di turisti che
rientrano. Il bosco è fresco e silenzioso.
Torno in paese verso il tramonto.
Erich sta fumando sulla soglia di casa.
-Lo vuoi un po’ di Breatl e di
burro fresco? – gli dico strizzando l’occhio.
Gli si illumina il volto. Gli
regalo un Breatl e un panetto di burro.
-Grazie! E’ buono al mattino col
caffè!
- Lo so, lo so. - gli rispondo,
mentre mi allontano, tenendo ben celati nello zaino due chili di burro fresco e
quattro pagnotte ancora calde…
Belle foto!
RispondiEliminaQuest'anno purtroppo niente montagna, ma quando vado le colazioni sono indimenticabili. Le varietà e le forme del pane sono bellissime.
Faccio il giro delle caseifici sociali per trovare la panna migliore.
Confesso che ho comprato anch'io la miscela pronta per il Breatl, non che mi illudessi di ottenerne uno simile all'originale ma serve a prolungare la vacanza...
Saluti Nicolò
Caro Nicolò,
RispondiEliminaallora confesso che anch'io ho comprato la miscela pronta... Che non è la stessa cosa. E, siccome mi piacerebbe spiegare per filo e per segno perché non è la stessa cosa, confesso che ho anche preso un mezzo appuntamento con Florian, il panettiere. Se tutto va in porto, a breve comparirà un articolo tutto sul Breatl.
Saluti!
Ecco il link alla puntata di Geo & Geo della settimana corsa dedicata al burro:
RispondiEliminahttp://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-825d5187-10a8-4a1a-aa14-420bf72635f0.html